Sarà perché cittadino britannico, o per quei jeans stretti sul palco negli psichedelici '70s, o per la voce sensuale un po’ blues un po’ metal, ma questo signore mi è sempre piaciuto.
Abbastanza schivo (tranne che con le groupie), affatto commerciale, ha resistito senza tirarsela troppo ai Led Zeppelin senza uscirne come una vecchia cariatide che ripercorre palco dopo palco sempre le stesse trite e ritrite canzoni pieno di botox ovunque tranne che nel piloro.
I Led Zeppelin d’altro canto erano un mammuth difficilmente governabile a lungo. Al tempo di John Lennon e Mick Jagger, spudorati e anticonformisti certo, ma Robert Plant lo era di più. Sulle travi del palco, negli eccessi alcolici e sessuali da hotel, nella voce, nell’attitude.
Eppure ha resistito ad un’operazione delle corde vocali, a tristi eventi familiari, alla scomparsa di John Bonham e la fine dei Led Zeppelin.
Robert Plant si è reiventato in svariati progetti musicali solisti, o in collaborazione con Jimmy Page, Alison Krauss, Brian Setzer ed ha ripreso la sua carriera musicale senza ricalcare pietosamente la sua giovinezza (come accade a molte rockstar che non vogliono convincersi del tempo che passa), ma dedicandosi ad altri stili, probabilmente quelli che ama di più senza rinnegare la gloria del passato.
Uno degli ultimi lavori, Rainsing Sand con Alison Krauss mi ha colpito particolarmente, perché lontano abissi dai miei gusti musicali.
E’ un album che va riascoltato più volte, gustato ostinatamente dopo il primo ascolto che lo classifica nel cervello rock come “moscio”. Ed invece è come leggere un haiku. Delizioso, breve, istantaneo ed emotivo.
Abbassate gli striscioni “eh ma la voce di Plant non è più la stessa”. Certo che non lo è, nessuno ha la stessa voce che aveva avuto a 20 anni. Ha saputo evolversi pur restando un musicista incredibilmente fertile.
E adesso tutti a ballare gnudi nella Foresta di Dean a ballare Rock n’Roll sotto la luna! E poi al Clearwell Castle...!
Non solo si è saputo rinnovare, non solo è riuscito a non diventare un altro nostalgico rottame ma è anche riuscito ad essere sempre e comunque se stesso.
RispondiEliminaIl che pensando ad altri reduci di quell'epoca non è poco.
Ammetto che per quanto riguarda Robert Plant sono fermo a "The ocean" e "Whole lotta love".
RispondiEliminaP.S.: grazie per la visita al blog, ho googlato Jeff Jones e l'ho trovato interessante come stile, più tenebroso rispetto a Spirin.
Benvenuto a bordo!Robert Plant ha prodotto diversi lavori, alcuni più noiosi, altri bellissimi. E' un musicista interessante, che ha sempre molto da dire.
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